IL
MUSEO
Il progetto del museo Ebraico di Firenze, fortemente voluto da rav Fernando Belgrado, si è concretizzato nel 1981 a seguito della donazione di Marta del Mar Bigiavi. Il primo nucleo occupava il primo piano in un ambiente retrostante il matroneo e comprendeva la sezione storica, gli arredi di culto domestico e gli arredi sinagogali. Il progetto fu firmato dall’arch. Alberto Boralevi, mentre il progetto allestitivo e scientifico dalla prof. Dora Liscia. La seconda parte del museo, inaugurata nel 2007, è situata al piano superiore, progettata dall’arch. Renzo Funaro in collaborazione con l’arch. Michele Tarroni è stato allestito dalla prof. Dora Liscia e, per la parte tessile, dalla prof. Laura Zaccagnini.
In questa occasione il percorso è stato diviso in due sezioni: al primo piano sono rimasti gli arredi cerimoniali utilizzati nella sinagoga, nel secondo sono stati spostati gli oggetti per il culto domestico.
Una stanza, curata dall’arch. Renzo Funaro e dalla prof. Liana Funaro, è stata dedicata alla Shoà.
La scelta dei locali in cui allestire Museo è stata compiuta in base ad alcune considerazioni di tipo museografico e conservativo. Innanzi tutto si è preferito ambientarlo all’interno del Tempio che, per la sua importanza storica artistica e per la sua monumentalità, non solo ne rappresenta la cornice ideale, ma è diventato parte integrante del percorso. Sono state scartate le cantine, pur belle e suggestive, ma che non presentavano criteri di sicurezza a causa del pericolo delle alluvioni, l’ultima delle quali, nel 1966, è arrivata fino a due metri di altezza al di sopra del dislivello creato dalla gradinata esterna. Si tratta di un museo relativamente piccolo, ma molto suggestivo, che permette colpi d’occhio straordinari sia sull’aula di preghiera, sia sui tetti di Firenze.
Le collezioni del Museo Ebraico di Firenze sono allestite su due piani all’interno della Sinagoga.
La prima sezione documenta la storia degli Ebrei a Firenze nel corso dei secoli e il loro rapporto con la città. Nelle vetrine sono esposti arredi tessili e in argento, utilizzati per le cerimonie sinagogali, eseguiti tra la fine del XVI e il XIX secolo. Al secondo piano, in una sala con una suggestiva veduta sull’interno del Tempio, sono esposti oggetti e arredi di devozione domestica e privata, che illustrano momenti salienti delle festività religiose e della vita di un ebreo quali nascita, matrimonio e maggiorità religiosa. Molti di questi oggetti sono doni di famiglie ebraiche che hanno voluto così testimoniare il proprio attaccamento alla Comunità. Tra queste personalità emergono quella del cavalier David Levi, che lasciò il suo patrimonio per costruire l’edificio sinagogale, e quella di rav. Shmuel Zvi Margulies, polacco di origine, fondatore e guida del Collegio rabbinico.
Il percorso prosegue con un filmato che introduce alla storia della Comunità negli ultimi due secoli, e una stanza della Memoria, in cui documenti fotografici e archivistici presentano la vita degli ebrei fiorentini, dalla ritrovata uguaglianza dopo l’età dei ghetti, alle persecuzioni, a seguito delle leggi razziali, e alle deportazioni nei campi di sterminio, fino alla rinascita e alla ricostruzione dopo la guerra. Una sala computer collegata ai maggiori musei ebraici del mondo apre la realtà fiorentina ad un contesto molto ampio e tutto da scoprire.
Il museo consta di una prima sezione, che documenta la storia dell’insediamento ebraico fiorentino dalla nascita, nel 1437, al momento della fondazione del Ghetto, nel 1571, del suo ampliamento, dal 1704 al 1721, fino alla demolizione, nell’ultimo decennio dell’Ottocento, illustrata con fotografie di piante, immagini del ghetto distrutto e delle antiche sinagoghe. Le ultime immagini illustrano le vicende della progettazione e della realizzazione del Tempio. Vi è anche un cenno agli altri luoghi della Firenze ebraica.
Gran parte degli arredi provengono dalle due sinagoghe del Ghetto, quella Italiana, aperta all’indomani della creazione del quartiere destinato a residenza coatta per gli ebrei nel 1571, e quella Spagnola o Levantina, aperta qualche anno più tardi, a cui si sono aggiunti gli oggetti sinagogali appartenuti alle sinagoghe di Arezzo e Lippiano -comunità ormai estinte- e dallo stesso Tempio Maggiore, per il quale furono eseguiti appositamente.
Ampio spazio è dedicato agli ornamenti del Sefer Tora, i rotoli in pergamena in cui è scritto in caratteri ebraici quadrati il Pentateuco.
La seconda parte del Museo, allestita all’ultimo piano nel 2007, raccoglie alcuni oggetti e disegni che riassumono brevemente le origini della comunità ebraica fiorentina.
Se il cavalier David Levi è il simbolo per eccellenza dell’ebraismo italiano (ne illustra “l’italianità” il bellissimo ritratto eseguito da Antonio Ciseri nel 1854), il nucleo più influente fu costituito da ebrei di origine sefardita, originari della Spagna e, successivamente, dai paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.
Qui sono stati esposti arredi di devozione domestica, significativi per illustrare i momenti più importanti della vita e delle festività religiose, con arredi di uso personale o domestico organizzati per tipologia e in base alle diverse occasioni. La ritualità familiare ha un grande rilievo nella religione ebraica. Gran parte dei seicentotredici precetti (mitzvoth), che ciascun ebreo è obbligato a seguire, sono messi in pratica nella vita quotidiana. Molti degli oggetti esposti nel museo seguono la storia di un’ importante famiglia fiorentina, la famiglia Ambron-Errera, le cui vicende sono qui testimoniate.