E’ stata consegnata il 18 novembre presso la Sinagoga di Firenze la medaglia di Giusto tra le nazioni a Gino Bartali, il campione di ciclismo che si è adoperato durante le persecuzioni fasciste della seconda guerra mondiale per salvare vite umane.
Ad aprire la cerimonia la presidente della Comunità ebraica di Firenze, Sara Cividalli seguita dal Sindaco di Firenze, Matteo Renzi e dall’Ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon.
Proprio Gilon ha consegnato alla famiglia di Bartali la medaglia di Giusto fra le Nazioni, dello Yad Vashem, il memoriale delle vittime dell’olocausto di Gerusalemme.
Erano presenti i tre figli di Bartali, Andrea, Biancamaria e Luigi ed è stato letto un messaggio di ringraziamento di Adriana Bartali, moglie di Gino. Molte le autorità presenti, civili e religiose, oltre al Rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze Rav Joseph Levi, l’Arcivescovo di Firenze, Cardinale Giuseppe Betori, l’imam di Firenze Izzedin Elzir, gli assessori del Comune di Firenze Cristina Giachi ed Elisabetta Meucci, il presidente del Consiglio comunale Eugenio Giani e la presidente della Commissione pace Susanna Agostini.
La presidente Sara Cividalli ha parafrasato nel suo intervento una preghiera recitata durante la cena di Pasqua: “ ci sarebbe bastato anche il salvataggio di una sola vita umana perché come dice il Talmud chi salva una vita salva il mondo intero. La luce dei giusti ha brillato su quei tempi terribili in cui ogni valore era stravolto, – ha concluso la presidente – la loro memoria deve essere onorata, il loro ricordo deve servire ad esempio per tutti, soprattutto per i giovani.”
Anche Naor Gilon ha parlato dell’importanza dell’educazione: “questo riconoscimento deve essere un simbolo, importante anche per educare le nuove generazioni, Bartali ha dimostrato di essere un grande uomo, un campione non solo sportivo ma un campione di umanità che ha scelto la vita, scegliendo di salvare molte vite.”
Molto emozionanti gli interventi dei “salvati” da Gino Bartali, Aurelio Klein e Giorgio Goldenberg: Klein che ha parlato di Bartali come di “un lume, un uomo tutto d’un pezzo che non ha ascoltato i consigli di amici e non amici e ha deciso di fare quello che si sentiva di fare. Dobbiamo – ha auspicato Klein – ricordare che esistono queste persone”. Anche Goldenberg ultranovantenne che ancora vive a Firenze ha raccontato, visibilmente commosso, che “è stato proprio Bartali a portare cibo e acqua e che lui è stata la salvezza della nostra vita”.
Sono stati letti anche alcuni messaggi inviati da Israele da Giulia Donati Baquis, che per la paura non accettò collaborazione dal campione sportivo e di Renzo Ventura, figlio di Marcella Frankenthal, salvata grazie ai documenti procurati da Bartali.
Durante l’occupazione tedesca in Italia, Gino Bartali, già figura pubblica molto amata e popolare per i suoi successi sportivi, si adoperò attivamente, da devoto cattolico, nell’ambito di una rete di soccorso e salvataggio guidata dal Rabbino di Firenze Nathan Cassuto assieme all’Arcivescovo della città, Cardinale Elia Angelo Dalla Costa (già riconosciuto Giusto fra le Nazioni), grazie alla quale furono messi in salvo centinaia di ebrei italiani e anche di territori che in precedenza erano stati sotto il controllo italiano, in particolare in Francia e in Jugoslavia.
Gino Bartali funse da corriere per conto di questa rete, nascondendo all’interno della sua bicicletta documenti falsi e comunicazioni varie, trasportandoli da una città all’altra e mascherando tutto come semplici allenamenti. Pienamente cosciente del rischio che correva salvando degli ebrei, Bartali consegnò documenti di identità falsi a numerosi contatti, fra i quali il rabbino Cassuto.