Quando il candidato sindaco Matteo Renzi aveva presentato alla cittadinanza i cento punti che intendeva realizzare nei primi mesi del suo mandato, in tanti avevano scosso la testa. Comprensibile lo scetticismo mostrato dai fiorentini: in una città in cui sono si sono resi necessari tempi biblici per completare la prima linea della tramvia (lunga appena sette chilometri), la gente tende ad accontentarsi di molto meno. Anche di cinque proposte e basta, purché rivolte al bene di tutti e concretizzabili nel breve periodo. “Guarda che non siamo mica grulli”, si usa dire sui lungarni.
Nel giugno scorso Renzi è diventato il sindaco più giovane nella storia di questo strano capoluogo di regione sempre indeciso se guardare con nostalgia al passato o con maggiore fiducia al futuro. Alcuni punti del suo programma elettorale sono ancora in sospeso tra impedimenti burocratici ed intoppi di vario genere, ma il numero delle idee divenute nel frattempo realtà è significativo. Tra qualche ora ce ne sarà una in più: l’illuminazione notturna della sinagoga. Era il punto numero ottantacinque: “Illuminazione pubblica e innovativa di tutta l’area della sinagoga di via Farini in funzione di sicurezza ma soprattutto per consentire il godimento anche da lontano del luogo di culto”. Promessa mantenuta. È questa la ciliegina sulla torta ai quindici anni di lavori che hanno interessato la struttura sia interna che esterna della sinagoga, ritornata allo splendore di un tempo grazie allo straordinario impegno profuso dall’architetto Renzo Funaro e dal team di collaboratori ai suoi ordini. L’appuntamento per festeggiare la conclusione dei lavori è fissato per il tardo pomeriggio di giovedì, quando gli ebrei fiorentini apriranno i cancelli di via Farini a chiunque vorrà condividere la gioia di una collettività che torna ad esibire con rinnovato orgoglio il suo gioiello più prezioso. Insieme a loro ci saranno molti uomini delle istituzioni e della cultura (compreso il presidente UCEI Renzo Gattegna). Nell’occasione verranno eseguite quattro melodie inedite di Castelnuovo Tedesco, scritte appositamente per il tempio ebraico di Firenze tra il 1939 ed il 1943, anni in cui il compositore visse negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni nazifasciste. E sarà inaugurata una mostra fotografica che mostrerà angoli insoliti del Beth HaKnesset fiorentino.
Ieri era giorno di conferenza stampa. Mentre i giornalisti prendevano posto tra i banchi della sinagoga, a poca distanza una allegra comitiva di studenti delle elementari ascoltava aneddoti ebraici raccontati da una delle guide turistiche della cooperativa Sigma Daniela Misul, presidente della Comunità fiorentina, approfittava di quella simpatica e rumorosa presenza per formulare un appello agli uomini della carta stampata: “Scrivete che la sinagoga è aperta a tutti. Sono molte le scolaresche che già adesso vengono a visitarla, sarebbe bello che venisse anche qualche adulto in più”. Ad attendere i visitatori, a partire dal tramonto di domani, ci sarà un edificio tirato a lucido e mai come adesso indissolubilmente legato alla città che lo ospita dal 1882. Le ragioni di questo legame vincente sono anche di natura estetica, come spiega Funaro: “Questo edificio è uno dei quattro elementi architettonici immediatamente riconoscibili dal piazzale Michelangelo. Insieme alla cupola del Duomo, a Palazzo Vecchio e alla facciata di Santa Croce”. In pratica i luoghi in cui si amministrano vita laica e religiosa di Firenze. Una giornalista chiede all’architetto perché ci siano voluti addirittura quindici anni per restaurare la sinagoga. Lui risponde con franchezza: “I finanziamenti erano cadenzati annualmente, così abbiamo deciso di organizzare il lavoro per lotti funzionali. È stata una soluzione economica ed efficace”. E poi ricorda i grandi meriti del suo predecessore Enzo Tayar, primo presidente dell’Opera del Tempio Ebraico: “Se siamo arrivati a questo risultato è anche grazie a lui”. Ma sono in tanti a meritare una citazione: “Un ringraziamento speciale va alla Silfi (la società a cui è affidata la gestione della rete di illuminazione pubblica del Comune) e a tutti coloro che hanno contribuito fornendo supporto morale e liquidità”. Qualche cifra può chiarire meglio le dinamiche finanziarie degli interventi eseguiti: “Sono stati spesi complessivamente 2658000 euro. Di questi 700000 provenienti dal Ministero dei beni culturali, 1300000 dalla Regione Toscana e 350000 da due fondazioni bancarie: Ente Cassa di Risparmio di Firenze e Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Il resto è arrivato da donazioni private e dalle risorse a disposizione dell’Opera del Tempio Ebraico (che in buona parte foraggiata dall’UCEI)”.
In queste ore vengono ultimati i preparativi per la grande festa. Eppure Funaro non si siede sugli allori ed è già con la testa al futuro: “Esiste una grande sala inutilizzata nei pressi della cupola. Non nascondo che mi piacerebbe farci una stanza della Memoria”. Ecco il principale progetto a lungo termine. Nel breve periodo c’è da completare la riqualificazione del cimitero storico di Viale Ariosto. Ad oggi sono state riportate alla luce circa trecento lapidi, alcune risalenti al Cinquecento. Le parole con cui l’architetto saluta la stampa hanno il sapore della promessa che diventerà presto una certezza: “Per il momento ne abbiamo montate la metà, tra non molto proseguiremo con le altre”.
Adam Smulevich