Pubblichiamo la risposta del presidente Enrico Fink alla lettera aperta di Barbara Gagliardi, presidente dell’associazione di amicizia italo-palestinese pubblicata su FirenzeToday
Gentile Barbara Gagliardi
Presidente, Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus
sono personalmente lieto di ricevere una lettera così gentile da parte sua. Le confesso che non me lo aspettavo, dato il tono spesso non proprio improntato al dialogo delle pagine web della vostra associazione. Mi auguro sentitamente che si tratti dell’inizio di una nuova forma di comunicazione, cosa di cui tutti ci rallegriamo in questi giorni bui.
Cominciamo dall’evitare però giochi e falsi fraintendimenti: i giorni, appunto, sono troppo bui per scherzarci sopra. Lei parla, riferendosi all’iniziativa svoltasi domenica scorsa alla sinagoga di Firenze, di “passeggini vuoti con i colori dell’Unicef”. Sta giocando, ovviamente, perché lo sa benissimo che i passeggini non erano vuoti, ma contenevano le foto dei bambini ostaggi di Hamas, e che i colori bianchi e azzurri dei nostri palloncini stavano lì a rappresentare Israele. Non avrebbero del resto potuto in coscienza rappresentare l’Unicef, organismo che si è distinto per aver oscenamente ignorato il massacro del 7 ottobre. Il doppio standard di organismi internazionali per i diritti umani che scelgono di ignorare sistematicamente le violazioni che vengano commesse contro cittadini israeliani è una delle ragioni per cui anche noi, che cerchiamo di stare il più possibile fuori da polemiche e tensioni, nell’ospitare in questi giorni famiglie di sfollati israeliani ci siamo sentiti obbligati a dire qualcosa anche in nome di quei bambini rapiti da Hamas e a oggi di sorte incerta, di cui nessuno parla più, neanche la Croce Rossa Internazionale (altro esempio del doppio standard di cui sopra). Naturalmente, noi che abbiamo a cuore la sorte di tutti indistintamente (bambini o meno) non abbiamo mancato di citare le vittime civili di Gaza, anche domenica, come potrà vedere dalle interviste rilasciate per l’occasione.
A parte dunque schermaglie dialettiche, vado al nocciolo della sua lettera: la richiesta di
“unire le nostre voci nel denunciare questi crimini contro l’umanità, chiedere con forza una cessazione incondizionata della violenza e cercare la via della pace attraverso il riconoscimento dei diritti umani per tutti gli abitanti di Israele e Palestina, riconoscendosi a vicenda nella nostra comune umanità.”
Le sue parole sono belle e forti, e mi sento di sostenerle con tutto il cuore.
La via del riconoscimento dell’altro, dei suoi diritti e delle sue sofferenze, è quanto la nostra Comunità indica da sempre come unica strada per trovare una via di uscita dall’insostenibile situazione che da troppi anni vivono gli abitanti di Gaza, della Cisgiordania, di Israele.
Chiediamo insieme dunque la cessazione della violenza: cessi il fuoco che arriva su Gaza; cessi il fuoco che da Gaza continua a piovere su obiettivi civili in Israele, e che solo per l’intervento delle forze di difesa israeliane non miete centinaia di morti ogni giorno; vengano immediatamente rilasciati tutti gli ostaggi; vengano completamente smilitarizzate e rese inoffensive quelle organizzazioni, in primis Hamas, che hanno compiuto il barbaro massacro del 7 ottobre e che continuano a dichiarare di volerne ripetere altri alla prima occasione. Sono sicuro infatti che un’associazione dedicata all’amicizia fra italiani e palestinesi non può che essere con noi nel volere liberare Gaza dal giogo di una formazione di fanatici religiosi dediti al terrorismo internazionale, che tengono la popolazione civile in stato di sostanziale schiavitù da più di quindici anni, e che da più di quindici anni deviano la grande maggioranza dei fondi, destinati dalla comunità internazionale ai palestinesi, sulla creazione di infrastrutture militari nascoste barbaramente fra ospedali, scuole, abitazioni della povera gente. Sarà una vittoria per chi da decenni si adopera concretamente per la pace, qui e in medio oriente. Una vittoria contro i guerrafondai, una vittoria per gli attivisti per la collaborazione fra palestinesi e israeliani – come moltissimi dei massacrati del 7 ottobre che come lei saprà senz’altro lavoravano quotidianamente fianco a fianco di associazioni pacifiste israelopalestinesi.
Una vittoria a esempio per Vivian Silver, 74enne attivista di B’tselem, fondatrice di “Women Wage Peace”, fondatrice e direttrice del Centro Arabo-Ebraico per l’Eguaglianza, leader dell’Alleanza per la Pace in Medio Oriente, volontaria per e con associazioni palestinesi a Gaza. Vivian forse non lo saprà, perché anche lei è scomparsa il 7 ottobre e a oggi non sappiamo se sia stata trucidata o presa in ostaggio – le ultime notizie che abbiamo sono le sue parole terrorizzate mentre telefonava alla sorella nascosta in un armadio, e i terroristi irrompevano in casa. Ma sarà comunque una vittoria anche in suo nome.
Non ho citato Vivian Silver per ottenere compassione, sia chiaro. So bene che le storie individuali di tutte le le vittime sono atroci: le vittime dall’una e l’altra parte, i bambini straziati il 7 ottobre come quelli che muoiono fra le macerie di Gaza. Ho citato Vivan per ricordare a lei, a me, a tutti, che lavorare per la pace è possibile, anche se nella nostra vita non porta risultati immediati. Dice una massima di un famoso testo ebraico, le “Massime dei Padri”: non sta a te completare l’opera, ma nemmeno sei libero di sottrartene.
Cara Barbara, mi auguro davvero che la sua lettera non sia un artificio dialettico ma un sincero tentativo di cambiare linea di comunicazione e azione. Desista, la prego, dal sostenere come fanno quotidianamente i vostri canali social, chi propugna la guerra e la violenza come metodo di risoluzione della sofferenza palestinese. Come – ma è un esempio piccolo in un mare di odio che purtroppo leggo sulle vostre pagine, veicolo troppo spesso di glorificazione della lotta armata, di fake news fatte circolare ad arte da agenzie di fatto collaboratrici di Hetzbollah o Hamas – la manifestazione dello scorso 28 ottobre a Roma che avete contribuito a organizzare, che nella sua piattaforma ufficiale pubblicata santificava ed esaltava il pogrom del 7 ottobre, e dichiarava esplicitamente che non ci sarà mai pace possibile con “l’entità sionista”, come descriveva Israele alla maniera dell’Iran. Si unisca a noi e a quanti come la Comunità Ebraica di Firenze da sempre, magari con idee che non condivide completamente ma con rispetto infinito per gli altri, e con il cuore aperto al riconoscimento che lei ha proposto, si adopera per la diffusione della cultura del dialogo, della fratellanza, della pace.
Un saluto
Enrico Fink
Presidente, Comunità Ebraica di Firenze